Febbre Q, una patologia dalle conseguenze sottostimate

Coxiella burnetii è all’origine di disordini della sfera riproduttiva e infertilità.

Introduzione

Oltre a essere causa di aborto, nel bovino Coxiella burnetii è all’origine di disordini della sfera riproduttiva e infertilità. Ne parliamo con il professor Raphaël Guatteo della Facoltà di Medicina Veterinaria di Nantes (Francia). 

Professor Guatteo, come si manifesta la Febbre Q nei ruminanti?

Nei piccoli ruminanti, Coxiella burnetii è principalmente responsabile di ondate di aborti. Nel bovino, l’aborto da Coxiella burnetii è relativamente raro. Tuttavia, in molti allevamenti il batterio circola in modo attivo senza che le bovine manifestino chiari sintomi clinici. Comunque, Coxiella burnetii deve essere presa in considerazione in caso di infertilità o di ritorni in calore ripetuti. L’infezione decorre di frequente in modo asintomatico. In alcune situazioni, si possono manifestare sintomi clinici, quando l’infezione si verifica in una popolazione mai infettata in precedenza e/o nel caso di una ridotta immunità di mandria. Dal punto di vista clinico, Coxiella burnetii può causare aborto, parti prematuri, mortalità neonatale e nascita di vitelli disvitali. Inoltre, la comunità scientifica è d’accordo nel sospettare che Coxiella burnetii sia responsabile di disordini riproduttivi come l’endometrite cronica, e di infertilità. Il suo ruolo nelle forme respiratorie è attualmente sotto indagine.

Cosa ci può dire riguardo ai disordini riproduttivi correlati alla Febbre Q?

Nel 2012 abbiamo condotto uno studio in 120 allevamenti di bovine da latte nell’Ovest della Francia che ha coinvolto 2.815 bovine. Abbiamo osservato che il rischio di aborto era di 2,5 volte superiore e il rischio di ritenzione placentare era di 1,5 volte superiore nelle bovine sieropositive per Coxiella burnetii rispetto a quelle negative. Le manze vaccinate prima dell’accoppiamento hanno mostrato una fertilità migliore rispetto alle manze non vaccinate, a supporto dell’ipotesi che Coxiella burnetii giochi un ruolo nell’ipofertilità. Questo batterio non è però l’unica causa di aborto o di problemi riproduttivi.

Diagnosi eziologica

Come è possibile accertare che Coxiella burnetii sia causa dei problemi rilevati?

“Se si sospetta il ruolo di Coxiella burnetii, è necessario procedere a test diagnostici di laboratorio. Si possono utilizzare due metodi: la PCR, che consente l’identificazione della presenza del DNA del batterio nei campioni testati, e l’ELISA, che rileva la presenza nel siero di anticorpi prodotti dalle bovine infettate da Coxiella burnetii. Questi metodi differiscono, per quanto riguarda la loro rilevanza, in funzione del contesto di utilizzo. Ad esempio, la PCR è fondamentale in caso di aborti recenti per identificare gli agenti patogeni eventualmente coinvolti. A livello di allevamento, il test ELISA consente invece di valutare la circolazione del patogeno in allevamento. In questo caso è opportuno raccogliere campioni di sangue dando priorità a soggetti che hanno mostrato problemi riproduttivi. Attenzione: il prelievo dei campioni di sangue deve essere eseguito il più presto possibile dopo l’aborto, al massimo entro 5 giorni. Ciò in quanto l’escrezione batterica nelle bovine, che è molto inferiore a quella rilevata nelle pecore e nelle capre, diminuisce rapidamente e riduce quindi in modo significativo la possibilità di identificare il patogeno causa della Febbre Q. Occorre poi tenere in considerazione anche il tempo che intercorre tra il campionamento e l’invio al laboratorio. Un suggerimento: è bene procedere al campionamento per il maggior numero degli aborti rilevati e chiedere al veterinario di raccogliere un tampone dalla cervice della bovina che ha abortito o direttamente dall’abomaso del feto abortito. Inoltre è importante ricordare che le procedure diagnostiche devono essere eseguite nelle condizioni igieniche ottimali per evitare la possibile infezione degli operatori.

In caso di ritorni in calore ripetuti, è da prendere in considerazione l’infezione da Coxiella burnet

Raccogliere un campione di latte di massa è semplice. Ma è anche utile?

La risposta è si nel contesto dei problemi riproduttivi, allo scopo di confermare la circolazione del patogeno, e no nel contesto della diagnosi in corso di aborto. La PCR eseguita sul latte di massa è infatti utile per la valutazione dello stato sanitario della mandria e per determinare l’attiva circolazione del batterio, in particolare prima dell’eventuale fusione di due allevamenti o dell’acquisto di un singolo o di un gruppo di animali. Inoltre, è importante ricordare che una bovina asintomatica, cioè senza segni clinici evidenti di Febbre Q, può eliminare Coxiella burnetii a livelli similari a quelli di bovine con segni clinici d’infezione. È quindi importante associare la PCR a test sierologici eseguiti su alcune bovine allo scopo di definire al meglio la diagnosi e ottimizzare il processo decisionale. D’altra parte, sebbene il batterio possa essere eliminato attraverso il latte e le feci, solo gli animali che hanno abortito e le loro placente hanno un elevato valore diagnostico nel contesto degli aborti.Infatti, Coxiella burnetii viene escreta primariamente per via genitale. Quindi la PCR nel latte di massa non è risolutiva nel caso di un aborto.

Epidemiologia

Come si diffonde Coxiella burnetii?

Per molto tempo il latte è stato accusato, senza alcuna prova evidente, di avere un ruolo nella diffusione del batterio, al contrario di quanto risulta evidente per Listeria. Oggi è evidente che la principale via di trasmissione di Coxiella burnetii è per via aerogena e inalatoria. A causa delle sue piccole dimensioni, Coxiella burnetii può essere trasportata dal vento, diffondendo da un allevamento all’altro, come è stato evidenziato dal monitoraggio eseguito su 95 allevamenti da latte del Dipartimento di Finisterra (Francia) dove si rilevava la contaminazione di alleva menti situati sotto vento ad allevamenti infetti.

Quali sono le misure di prevenzione che si devono adottare tenendo conto del fatto che Coxiella burnetii si diffonde nell’aria?

Tutto quello che potenzialmente è in grado di ridurre l’escrezione e diffusione del batterio potrà ridurre il rischio di contaminazione e diffusione tra un animale e l’altro, ma anche il rischio d’infezione del personale di allevamento (vedi anche box, ndR). Tuttavia, le misure di biosicurezza non sono specifiche e hanno un’efficacia limitata in considerazione della via di trasmissione aerogena e dell’elevata resistenza di Coxiella burnetii nell’ambiente. La rapida e sistematica rimozione delle placente e degli invogli fetali è la prima e più importante misura da adottare. Altre raccomandazioni consistono ad esempio nella copertura delle deiezioni e nello spandimento delle stesse in condizioni atmosferiche favorevoli caratterizzate dall’assenza di vento. Infine, le donne in gravidanza e in generale i soggetti a maggior rischio di danni clinici non dovrebbero assistere al parto di animali negli allevamenti infetti.

Controllo vaccinale 

Per il controllo della Febbre Q del bovino è disponibile un vaccino in grado di ammorbidire i sintomi clinici e di limitare l’escrezione batterica, così da abbassare il livello di contaminazione ambientale

Se le misure convenzionali di prevenzione non sono particolarmente efficaci, come ci si può proteggere dalla Febbre Q?

L’utilizzo degli antibiotici potrebbe essere preso in considerazione, tenendo conto che Coxiella burnetii è un batterio. Essi sono utilizzati nel trattamento di bovine che hanno abortito al fine di ridurre l’escrezione batterica e la contaminazione ambientale. Al momento, la vaccinazione rappresenta però la strategia migliore nella prevenzione e/o riduzione dell’escrezione del batterio responsabile della Febbre Q e nella protezione della mandria nei confronti dell’infezione. Alcuni allevatori possono avere la tentazione di vaccinare solo le manze: sebbene la protezione di questa popolazione sia senza alcun dubbio una priorità, nel corso di uno studio condotto in 120 allevamenti abbiamo rilevato che il rischio di escrezione batterica risulta inferiore negli allevamenti nei quali sia le manze che le vacche erano vaccinate in modo sistematico fin dall’inizio dell’implementazione del piano vacciNale, rispetto agli allevamenti nei quali erano vaccinate le sole manze. La vaccinazione dell’intera mandria porta ad una rapida e stabile riduzione del livello di contaminazione di Coxiella burnetii nell’ambiente. Idealmente, la vaccinazione delle manze dovrebbe iniziare a partire dai 4-5 mesi di vita, con due iniezioni a distanza di 3 settimane. Il richiamo viene quindi somministrato un anno dopo e comunque prima della prima inseminazione artificiale. In considerazione dell’ottimale profilo di innocuità del vaccino, le bovine gravide possono essere comunque vaccinate senza alcun rischio. In un altro studio condotto in 74 allevamenti e che ha coinvolto più di 5.000 bovine, abbiamo rilevato una riduzione del 30% del rischio di aborto nelle bovine vaccinate rispetto a quelle non vaccinate. Inoltre, il rischio di un ritorno in calore dopo la prima I.A. si dimezza nelle manze vaccinate. Tuttavia, la vaccinazione non esime l’allevatore dall’applicazione delle misure di gestione sanitaria: controllo degli animali introdotti in allevamento, igiene nella zona parto, rimozione delle placente.

Sono disponibili dati che dimostrano la validità della vaccinazione per Febbre Q?

Secondo i dati ottenuti da Lopez-Gatius nel 2013, in una mandria infetta da Febbre Q, il tasso di concepimento dopo la prima inseminazione artificiale è risultato essere di 11,8 punti percentuali maggiore negli animali vaccinati: 41,9% nei vaccinati rispetto al 30,1% dei controlli (grafico 1). Questi dati confermano la tendenza osservata in un nostro studio dove si rilevava un aumento della fertilità nelle manze vaccinate. Nello studio di Lopez-Gatius è stata inoltre notata una marcata riduzione (pari a 2 settimane), dell’intervallo parto-concepimento: 106 giorni nel gruppo controllo rispetto ai 92 giorni rilevati nel gruppo vaccinato senza differenze significative tra primipare e pluripare (grafico 2).Il costo di ogni giorno vuoto all’interno dell’intervallo parto-concepimento varia da Paese a Paese in funzione dei sistemi di produzione e dello stadio di lattazione. Tuttavia, un valore medio pari a 5 euro per giorno può essere considerato realistico. Secondo questo scenario, la riduzione dell’intervallo parto-concepimento di 2 settimane rappresenta un guadagno pari a circa 70 euro a bovina.

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