Febbre Q, una seria minaccia per l’allevamento da latte

Con più del 50% delle stalle a rischio di un consistente impatto negativo sulle performance riproduttive e sulla redditività dell’allevamento, la febbre Q è una patologia che non può essere ignorata dai veterinari e dagli allevatori.

Introduzione

Che cos’è esattamente la Febbre Q e perché gli allevatori italiani dovrebbero essere al corrente dell’impatto che il suo agente causale, Coxiella burnetii, può provocare nella mandria? Lo abbiamo chiesto a Damien Achard, International Technical Manager di Ceva Santé Animale.

Dottor Achard, che cosa è la Febbre Q?

La Febbre Q è una patologia infettiva causata da un batterio denominato Coxiella burnetii. La Febbre Q è in grado d’infettare non solo i ruminanti, ma anche altre specie come cavalli, cani, gatti, uccelli, pesci, rettili… e anche l’uomo. Il batterio è presente nell’ambiente degli allevamenti (polvere e deiezioni) ed è considerato molto resistente nella sua forma simile ad una spora. Ad esempio è stato rilevato nel suolo fino a 5 mesi. L’infezione si verifica principalmente dopo inalazione di particelle di aria (aerosol) contaminate dal batterio. È un dato di fatto acquisito che anche una sola piccola quantità di Coxiella burnetii è in grado di infettare l’ospite. Altre vie d’infezione, come quella che si verifica attraverso le zecche infette, sono meno frequenti o rappresentano un rischio d’infezione minore. Dopo l’infezione, l’ospite inizia ad eliminare i batteri nell’ambiente. Il momento del parto coincide con il picco dell’escrezione batterica che si concentra nei prodotti del concepimento (membrane fetali, placenta, fluidi amniotici) o nei feti abortiti. Il livello di escrezione può arrivare a milioni di batteri per grammo. Il problema principale risiede nel non poter identificare clinicamente gli animali escretori.

Dove è presente la Febbre Q?

La Febbre Q è presente nella maggioranza dei Paesi al mondo. Nel 2011 è stata pubblicata una ricerca epidemiologica condotta dai ricercatori dell’Università di Nantes in Francia che ha evidenziato che Coxiella burnetii è presente in tutti i 5 Continenti. In Europa, gli studi epidemiologici che utilizzavano la ricerca del batterio mediante PCR eseguita sul latte di massa hanno dimostrato che circa il 50% degli allevamenti erano positivi per Febbre Q. Anche nei piccoli ruminanti l’incidenza dell’infezione è elevata e si attesta intorno al 33% degli allevamenti testati. Un allevamento su tre è positivo per Coxiella burnetii”.

Un problema dei ruminanti Perché questo batterio è così problematico nei ruminanti?

“Nonostante l’elevato livello di positività nei ruminanti, rimane relativamente basso il livello di conoscenza e consapevolezza dell’infezione, principalmente a causa del fatto che i sintomi clinici sono spesso limitati e non patognomonici. Ciò è particolarmente importante nel bovino nel quale, spesso, l’infezione decorre in assenza di chiari ed evidenti sintomi clinici. Detto questo, sappiamo comunque che la Febbre Q nel bovino è correlata ad aborti e ad una serie di problemi riproduttivi. Inoltre, esiste un forte sospetto che Coxiella burnetii sia implicata in casi di patologia respiratoria e in casi di mastiti subcliniche. Nel corso di un recente studio epidemiologico condotto in 10 Dipartimenti francesi è stato riportato che la Febbre Q è risultata essere la seconda causa di aborto ripetuto subito dopo la Neospora e prima della BVD. Altre rilevazioni eseguite in campo e nel corso di vari studi indicano che la Febbre Q può indurre ritenzione di placenta, metrite/ endometrite e infertilità. Tutti questi effetti correlati all’infezione da Febbre Q possono avere un grande impatto sulla salute riproduttiva delle bovine da latte e sulla loro produttività. Nei piccoli ruminanti, il quadro clinico si presenta differente. Infatti, la Febbre Q è senza dubbio uno dei principali agenti abortigeni sia nella pecora che nella capra e può essere responsabile di aborti che possono colpire fino al 90% delle pecore gravide in un gregge. Ciò può mettere gli allevatori in una situazione molto seria. Inoltre, esiste un fondato sospetto che l’infezione da Febbre Q abbia un forte effetto negativo sulla produzione di latte delle pecore e capre da latte. In Australia, alcuni ricercatori hanno evidenziato che capre infette da Coxiella burnetii producevano il 20% di latte in meno rispetto alle capre non infette. E' importante sottolineare che la Febbre Q può essere trasmessa dai ruminanti all’uomo (vedi anche box, ndR). Nell’uomo la malattia di solito è asintomatica, ma in alcuni casi la malattia può decorrere in modo più severo con la possibile presenza di casi mortali.

Quanto è consistente l’impatto della Febbre Q sulla performance riproduttiva del bovino?

“La nostra conoscenza sul reale impatto della Febbre Q è certamente aumentata rispetto a 10 anni fa. Di recente, in Germania e in Italia i ricercatori hanno dimostrato la presenza di Coxiella burnetii direttamente nei macrofagi dell’endometrio di bovine con disordini riproduttivi (repeat breeders). Questo è un passaggio fondamentale in quanto è stata la prima volta in cui è stato stabilito un diretto collegamento tra la scarsa fertilità e le lesioni endometriali causate da Febbre Q. In uno studio condotto in Francia e che ha coinvolto 120 allevamenti di bovine da latte, è stato evidenziato che il rischio di ritenzione placentare era di 1,5 volte maggiore nelle bovine sieropositive a Coxiella burnetii rispetto alle bovine sieronegative. Inoltre, le manze vaccinate prima dell’accoppiamento mostravano una migliore fertilità, a supporto del fatto che Coxiella burnetii gioca un importante ruolo nell’infertilità bovina. Infine, uno studio italiano condotto nel 2014 in Italia (Valla e coll.), ha mostrato che gli allevamenti con positività per Febbre Q nel latte di massa avevano un’incidenza maggiore di metriti e endometriti cliniche. Infatti, negli allevamenti positivi il rischio di disordini riproduttivi era di 2,5 volte maggiore rispetto agli allevamenti negativi”.

Diagnosi della malattia

Quali sono i segni clinici che possono fare pensare alla presenza della malattia nei ruminanti? 

“La presenza della malattia non è facilmente riconoscibile, soprattutto nelle bovine da latte. Tuttavia, quando si osserva un recente e non spiegabile peggioramento delle performance riproduttive nella mandria con un aumento dei casi di ritenzione placentare, di metriti/endometriti che rispondono poco al trattamento e una scarsa fertilità, sicuramente ciò consiglia di procedere alla ricerca diagnostica della Febbre Q. Anche nel caso di aborti ripetuti si deve pensare alla Febbre Q. Nella capra il sospetto è più semplice da evidenziare in quanto un grande numero di capre gravide vanno incontro ad aborto. In ogni caso, sia nei bovini che nei piccoli ruminanti, è sempre opportuno investigare il maggior numero possibile degli aborti che si verificano in allevamento, inclusi i casi di natimortalità. Quindi è sempre opportuno coinvolgere i veterinari nel processo diagnostico”

Come possiamo confermare che il nostro allevamento sia infetto da Coxiella burnetii?

“Quando sospettiamo la presenza di Febbre Q come causa della riduzione delle performance riproduttive, possiamo combinare la diagnosi sierologica, che prevede la verifica della presenza di anticorpi, eseguita con il metodo ELISA, su un numero significativo di bovine che presentano disordini riproduttivi, con l’identificazione diretta del batterio mediante PCR sul latte di massa (figura 1). Se più del 50% delle bovine testate risultano sierologicamente positive o in caso di positività sul latte di massa è molto probabile che il batterio stia attivamente circolando in allevamento e possa essere responsabile, almeno in parte, dei problemi rilevati. Nella bovina, nel caso di aborti ripetuti in serie, l’approccio diagnostico è rivolto a identificare il batterio in PCR in tamponi vaginali e/o sui feti abortiti (figura 2). È importante procedere alla raccolta dei campioni entro 8 giorni dall’aborto e inviare il materiale al laboratorio nel modo più rapido possibile. Nel caso in cui la PCR sia positiva, è opportuno e utile procedere a raccogliere campioni di sangue che possano confermare il sospetto diagnostico. Il campionamento va eseguito su bovine che hanno abortito di recente o su bovine con problemi riproduttivi. In caso di positività in due aborti ravvicinati, la probabilità che la Febbre Q sia responsabile degli aborti è molto elevata. Nel caso di aborti nei piccoli ruminanti può essere economicamente vantaggioso procedere a sottoporre a PCR un pool di almeno tre aborti. In caso di positività del pool è molto probabile che la Febbre Q sia responsabile degli aborti rilevati. È quindi opportuno predisporre un piano di controllo dell’infezione in allevamento”.

Prevenire si può

La misura di profilassi diretta più importante è la sistematica raccolta e distruzione delle placente e degli invogli in generale, sia durante i normali parti che in corso di aborto

Come possiamo proteggere i nostri allevamenti dalla Febbre Q? Esiste un vaccino?

Dato che Coxiella burnetii è un batterio, ci si potrebbe aspettare che il trattamento antibiotico possa essere risolutivo nel controllo dell’infezione. In verità, è stato dimostrato che gli antibiotici come l’ossitetraciclina, hanno un’efficacia limitata; non sono in grado di prevenire l’infezione e non riescono a ridurre in modo significativo il numero di animali escretori e l’intensità dell’escrezione batterica. Quindi, considerando l’uso razionale degli antibiotici e il fatto che il livello di efficacia non è elevato, l’utilizzo della terapia antibiotica nel controllo della Febbre Q non è consigliabile. Le misure di controllo non sanitarie sono molto importanti. L’applicazione di stringenti misure igieniche durante il parto nei bovini e nei piccoli ruminanti è fondamentale. In caso di un episodio di Febbre Q e comunque negli allevamenti infetti è opportuno evitare lo spandimento delle deiezioni nei giorni di vento (il batterio si diffonde per via aerogena), ma la misura più importante da adottare è procedere alla sistematica raccolta e distruzione delle placente (e degli invogli in generale) sia durante i normali parti che in corso di aborto. Comunque, il modo migliore per proteggere gli animali è di procedere alla vaccinazione con un vaccino per Febbre Q. Attualmente è disponibile un vaccino in fase 1 utilizzabile nelle bovine e nelle capre. Questo vaccino può essere utilizzato in sicurezza negli animali gravidi. Il vantaggio della vaccinazione è una significativa riduzione dell’escrezione batterica, soprattutto nelle capre, e, nelle bovine, una significativa riduzione del tasso di aborti e un miglioramento della fertilità. Secondo i dati ottenuti in Spagna in una mandria infetta da Febbre Q, il tasso di concepimento dopo la prima inseminazione è risultata essere dell’11,8% maggiore negli animali vaccinati (41,9% nei vaccinati rispetto al 30,1% dei controlli). Inoltre è stata notata una marcata riduzione, pari a 2 settimane, dell’intervallo parto-concepimento: 106 giorni nel gruppo controllo rispetto ai 92 giorni rilevati nel gruppo vaccinato senza differenze significative tra primipare e pluripare. Il costo di ogni giorno vuoto all’interno dell’intervallo parto concepimento varia da Paese a Paese in funzione dei sistemi di produzione e dello stadio di lattazione. Tuttavia, un valore medio pari a 5 euro per giorno può essere considerato realistico. Secondo questo scenario, la riduzione dell’intervallo parto concepimento di due settimane rappresenta un guadagno pari a circa 70 euro/bovina.

Nella capra la Febbre Q è senza dubbio una delle principali malattie abortigene

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